L’ultimo trimestre dell’anno è per molti operatori del turismo un periodo di bassa stagione: chiudono le spiagge, la montagna si organizza per l’ultima settimana dell’anno, in città si riduce l’affollamento. Non stupisce quindi se a fronte di una variazione positiva del fatturato (+8%) su base annua corrisponda invece una variazione congiunturale rispetto al trimestre precedente negativa (-18%).
Dall’indagine realizzata da Unioncamere per l’Osservatorio del turismo regionale federato emerge un clima di fiducia delle imprese per l’avvio del 2024. Per il 42% degli intervistati, infatti, dall’inizio dell’anno ci si può aspettare un incremento del fatturato, specie nella provincia di Belluno dove il prodotto turistico legato alla domanda di montagna invernale è trainante, ma anche in quelle di Rovigo e Padova dove i prodotti trainanti sono diversi.
Un aspetto interessante è poi quello della inversione di tendenza per quanto riguarda i prezzi, in diminuzione rispetto al trimestre precedente, un timido -0,5%, che però sale tra gli alberghi al -5,4%. Se si considera la variazione rispetto al trimestre corrispondente l’anno precedente si nota ancora una variazione positiva (+3,8%), ma più bassa rispetto al 2022 (+6%).
Focus: il lavoro nel turismo
L’indagine ha approfondito poi alcuni aspetti che meno hanno a che fare con l’andamento ma che offrono spunti interessanti per chi programma. A partire dal tema del lavoro, rispetto al quale emerge anche in Veneto una situazione nazionale: il lavoro nel turismo è ancora un lavoro precario, legato alla stagionalità, tanto che il 60% delle imprese ha assunto con un contratto stagionale, percentuale che sale all’80% tra gli hotel. E talvolta nasconde forme di lavoro “grigio” se si considera che oltre la metà (53%) delle imprese nel trimestre estivo ha assunto con orario part-time, specie i ristoranti (56%).
Sempre in merito alle assunzioni “estive” non sembra esserci forte attenzione alla premialità e al welfare dei lavoratori, considerato che solo il 4,5% degli intervistati ha previsto premi di produzione (percentuale quasi doppia però per quanto riguarda gli alberghi), e solo il 2% servizi accessori per il benessere del lavoratore.
Focus: l’utilizzo dei dati da parte delle imprese di servizi turistici
Un altro focus ha puntato l’attenzione sulla capacità delle imprese turistiche venete di ragionare in una ottica data-driven. Ebbene solo il 20% degli intervistati ha risposto di utilizzare dati quantitativi per programmare la propria attività con differenze anche rilevanti in base alla tipologia di attività (gli alberghi sono più avvezzi all’utilizzo del dato, 40%) e alla dimensione dell’impresa (nelle grandi imprese la percentuale si avvicina al 60%).
Quanto al tipo di dati consultati gli alberghi mettono al primo posto quelli sui flussi turistici (84%) e poi i dati previsionali e predittivi (50,8%), mentre sembrano conoscere meno i dati relativi al tema del mercato del lavoro.
All’opposto i ristoranti sembrano i meno attratti da questo tipo di informazioni e solo il 18% di queste attività fa un uso dei dati, specie per quanto riguarda i dati sulle tendenze legate ai consumi e ai mercati (48%).